Prima rev. 24/8/2008 Come per tutte le confetture la regola è sempre la stessa. I migliori risultati si ottengono con frutti sani e che non abbiano toccato il frigorifero. Inutile fare una confettura di Mirtilli se non si dispone di frutti di bosco raccolti in giornata. Con queste quantità si ottengono circa 2,3 Kg di confettura
Preparazione Mondare bene i mirtilli, liberarli dalle foglie e dai piccioli. In una pentola preparare uno sciroppo con lo zucchero e l’acqua e la mela sbucciata e a pezzetti. Appena lo sciroppo raggiunge i 30-33 gradi di densità aggiungere i mirtilli poco alla volta facendo attenzione a non far scendere la temperatura. Cuocere ancora per un ora circa, mescolando con un mestolo di legno fino ottenere la consistenza desiderata. Versando un cucchiaino di confettura su di un piatto i frutti devono rimanere interi e il liquido non deve essere acquoso. (vedi La cottura dello zucchero) Invasare la confettura, chiudere ermeticamente e riporre al buio. Con una comune stampante si possono fare anche le etichette.
Spunti & trucchi Prima di chiudere i vasi inumidire i tappi ermetici con un goccio di grappa o altro liquore. Oltre a sterilizzare ulteriormente il tappo ciò dona un gradevole aroma alla confettura. |
Cee e Cee Finte
Semplicissimo da preparare, quello che viene chiamato “Cèe Finte” è un tipico piatto della cucina Livornese che “simula”, almeno nel gusto, le più prelibate ed ormai introvabili “Cee alla Livornese”. Le due pietanze vengono cucinate allo stesso modo, con la differenza che per la prima si usa la razza al posto delle Cèe, e la cottura dura 10 minti invece di 30. Ingredienti per 4 porzioni
Preparazione Pulire la Razza togliendo le la pelle superiore, la coda e le interiora. Bollire per 15 minuti con un gambo di sedano una foglia di allora meglio se al vapore.
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Triglie alla Livornese
Ingredienti per 4 porzioni
Preparazione In una padella far imbiondire nell’olio due spicchi di aglio e un ciuffo di prezzemolo tritato, quindi versare i pomodori spezzettati finemente o passati. Far ritirare il sugo per circa 10 minuti. Distendere le triglie una accanto all’altra, senza sovrapporle, in modo che tutte tocchino il fondo. Versare il vino e lasciare sfumare. Coprirle poi con il sugo di pomodoro ancora caldo. Se le triglie sono molto piccole, è consigliabile non girarle per evitare di romperle: in questo caso, scuotere leggermente la padella per farle rotolare. Se invece sono grandi girarle una sola volta cuocendo 5 minuti per parte. Salare. Servire con una spolverata di prezzemolo.
Spunti & trucchi
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Spaghetti con Arselle (Telline)
Ingredienti per 4 porzioni
Preparazione Le arselle sono frutti di mare che vivono sotto la sabbia, che proprio per questo talvolta arriva fino al piatto nonostante vari lavaggi. Un metodo per spurgare le arselle dalla sabbia è quello tramandato da Ilio, famoso arsellaio Livornese. La sera mettere le arselle senza acqua in una bacinella e, se fa caldo, in frigorifero. Al mattino le arselle saranno aperte, perché “aggaiscano”, “hanno sete”, a questo punto si sciacquano in acqua corrente e la residua sabbia viene espulsa. Se si ha l’impressione che sia rimasta ancora della sabbia, far aprire le arselle in un pentolino coperto e a fuoco alto per 4 o 5 minuti e poi toglierle dal guscio (tranne qualcuna per decorazione). Altrimenti proseguire direttamente nella padella. In una padella di alluminio soffriggere leggermente la cipolla e l’aglio tritati finemente. Mettere le arselle, versare il vino e lasciar sfumare. Appena cominciano ad aprirsi, togliere dal fuoco e sgusciarne la metà. Servire a piacere con una spolverata di prezzemolo.
Spunti & trucchi
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Bolli
Ingredienti circa 70 80 bolli
Preparazione Preparare il lievito bianco con 10 gr di lievito di birra e 75 ml di acqua con circa 100 gr di farina. Modellare una piccola palla, e metterla in una bacinella coperta con un panno umido a far lievitare per almeno 2 ore. Deporre poi il lievito bianco in una bacinella, e diluirlo con le uova sbattute, l’olio emulsionato con l’aroma e l’anisetta. Aggiungere il sale e lo zucchero, quindi unire e impastare aggiungendo pian piano la farina fino a quando l’impasto non risulta omogeneo e asciutto. Modellare l’impasto in una “palla”, e depositarlo in una bacinella dove è stata sparsa un po’ di farina. Coprire con un panno e mettere nuovamente a lievitare in un luogo caldo. L’impasto deve quasi triplicare il suo volume. Formare dei dischi di circa 6 cm di diametro e disporli, distanziati, su delle teglie da forno unte d’olio. Lasciar riprendere la lievitazione per almeno un’ora. Con un pennello bagnare di albume e infornare con forno caldo a 160° per circa 15 – 20 minuti (fino a quando non avranno assunto un bel colore nocciola).
Spunti & trucchi Si possono aprire e farcire prima di servirli. Al posto dell’olio d’oliva si può utilizzare il burro (60 gr.) |
Frati e Bomboloni
Ingredienti circa 12 frati
* La ricetta originale prevede l’uso dello strutto anche per la frittura. Se non si è sicuri della qualità dello strutto utilizzare il burro per l’impasto e l’olio per la frittura Preparazione In una tazza, sciogliere il lievito in poca acqua tiepida. Dopo una decina di minuti unire il lievito agli altri ingredienti ed impastare ancora per dieci minuti, creando una palla omogenea e morbida. Mettere a lievitare in una zuppiera cosparsa di farina sul fondo e coperta con un panno umido in un luogo caldo e senza correnti d’aria. Dopo circa due ore prendere la pasta e spianarla con un matterello: dovrà essere alta un dito. Con dei coppapasta o altri stampini ricavare delle ciambelle e metterle sopra una teglia da forno spolverata di farina. Gli scarti del ritaglio devono essere rimpastati e spianati o, come alternativa, i dischi centrali possono essere utilizzati per fare dei bocconcini. Quando i frati sono rilievitati (due o più ore), friggerli in una padella in abbondante olio caldo, non troppo bollente. Devono galleggiare. Appena il bordo prende un colore nocciola chiaro, girare e finire di cuocere dall’altra parte. Sgocciolare e mettere ad asciugare su della carta gialla o altra carta assorbente. Appena sgocciolati ma ancora caldi passarli in un piatto con lo zucchero facendo in modo che lo zucchero si attacchi da entrambi i lati. Nello stesso modo si fanno le bombole o bomboloni, ma l’impasto deve essere steso più basso. Si ricavano dei dischi che vanno uniti a due, uno sopra l’altro, interponendo marmellata o crema pasticcera; i due dischi devono essere poi sigillati lungo il bordo con il dito inumidito di latte, facendo una leggera pressione. Si rimette a lievitare e poi si passa alla frittura. Altrimenti, per fare le bombole, possono essere utilizzati gli appositi tubetti di acciaio o alluminio, gli stessi dei cannoli: una volta fritte si riempiono con una siringa di crema o crema al cioccolato.
Spunti & trucchi Per personalizzare l’aroma aggiungere un cucchiaio di liquore nell’impasto ( Anisette, Rhum, Strega..ecc.). |
Pappa al Pomodoro
Ingredienti per 3/4 porzioni
Preparazione In una scodella, ammorbidire il pane con l’acqua. In una casseruola far imbiondire nell’olio due spicchi di aglio, quindi versare i pomodori spezzettati e il basilico. Far ritirare il sugo per circa 10 minuti. Aggiungere il pane, strizzato, e il brodo. Cuocere a fuoco basso, mescolando per non far attaccare, fino a quando la pappa non sia divenuta morbida e omogenea. Se necessario aggiungere brodo o acqua. Servire con una bella grattata di parmigiano. Nel Senese il pane, spezzettato e senza ammollo, viene messo nell’olio caldo per qualche minuto e sono aggiunti pomodoro, salvia, basilico; il brodo finisce di cuocere nello stesso modo. La pappa preparata in questo modo si chiama “maritata”
Spunti & trucchi Quando disponibile, si può aggiungere qualche foglia di nepitella. |
Cacciucco Storia
Origini
Il Cacciucco è forse il più conosciuto prodotto della cucina livornese. Alcuni lo definiscono “Cacciucco alla Livornese” per distinguersi da quello “alla Viareggina”. Ma il Cacciucco è nato sicuramente a Livorno. Cacciucco che si pronuncia caCCIUcco, facendo bene attenzione a non trascurare nessuna delle due C. Probabilmente, la parola Cacciucco deriva etimologicamante dall’arabo Kükük che vuol dire “piccolo, minutaglia”… quindi zuppa di piccoli pesci. Già dal nome si presenta come una pietanza forte, colorita e ricca: cacciucco inteso come mescolanza, amalgama, fusione di diversi tipi di pesce. I nonni dei pesciaioli raccontano che cuocevano in un grosso calderone i pesci “sugati dalle pulci” (morsicati dalle pulci di mare), ovvero i pesci che pur essendo buoni non sarebbero riusciti a vendere: con gli “avanzi” nasceva dunque il cacciucco. A conferma ulteriore del concetto, ancora oggi il noto acume labronico fa spesso dire “tizio ha fatto un cacciucco con quella roba…”: è il caso, ad esempio, di un commerciante di vestiti che ha venduto merce spaiata e al quale sono quindi restati capi che difficilmente potrà utilizzare.
Altre ipotesi sull’orgine del nome sono presentate all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Cacciucco. La ricetta menzionata è quella proposta da Aldo Santini nel libro “La cucina livornese”, che è poi la stessa di Beppe Mancini, titolare del ristorante “La Barcarola”.
Nel 1998 il Cacciucco è stato anche al centro di polemiche tra autorità, ristoratori Livornesi e una nota industria alimentare che aveva commercializzato una zuppa di mare congelata, diversa dal piatto labronico, con l’appellativo di “Cacciucco”. Il prodotto fu lanciato con spot in cui compariva il bravissimo Diego Abatantuono. L’allora sindaco di Livorno Gianfranco Lamberti insieme a Beppe Mancini ed altri ristoratori Livornesi si batterono contro la nota azienda alimentare. I “rivoltosi” con l’aiuto del giornale Il Tirreno riuscirono a far cambiare la denominazione del prodotto all’azienda da Cacciucco a Zuppa di Pesce.
In effetti il Cacciucco ha un grande significato per ogni livornese che volgia dirsi tale. Prendo a prestito le parole di Aldo Santini:
“E’ proprio così, nel cacciucco trovate il sapore di Livorno, il suo carattere di città rissosa
e popolaresca, sanguigna, aizzata dal libeccio, tutta spifferi ed esplosioni di voci. Un
sapore forte e insieme variegato, con tante assonanze e tanti aromi per quanti sono i
pesci che contribuiscono a formare il suo sugo.
Senza darsi le arie di sapientoni citando le più o meno improbabili origini del suo nome,
il cacciucco ha ormai un significato preciso: sta per miscuglio di elementi eterogenei,
groviglio, intrico, viluppo….”
Estendendo il concetto di cacciucco dal mare alla terra si può dire che la Scottiglia (originaria del Casentino) è un “Cacciucco di Carne”. Il procedimento in effetti è analogo: poco olio, si spezzettano le carni di tutte le specie, quelle non pregiate, e si buttano nel calderone, si aggiunge pomodoro, si crea un fondo denso e saporito e si serve su fette di pane….
Livorno Nostra
Da “Livorno Nostra” di Gastone Razzaguta 1915
Gastone Razzaguta, nel suo libro, afferma che furono i primi abitanti del Porto di Labrone (come Cicerone sembra avesse indicato il porto di Livorno) a combinare «un piatto» di divina ispirazione che li avrebbe resi celebri nel tempo a venire.
Ecco l’antica ricetta tramandataci dallo stesso, tratta da una parte della ricostruzione “storica” di Livorno. Tra le fatiche di Ercole Labrone si legge:
“ Il Cacciucco “
Il Signore apprezzò l’orgoglio de’Labronici. E l’ispirò di combinare un “ piatto “ che li ricordasse nel tempo.
E preso un tegamo ci messero dell’olio di oliva e della salvia e dell’aglio
tritato e del sale. E fecero soffriggere e rosolare bene. E poi allungarono
con acqua e pomodoro a pezzi. E drogarono con pepe e molto zenzero. E fecero ritirare
quell’intingolo. E poi presi i polpi e gattucci e gronghi, li tagliarono, e ci aggiunsero scorpani e gallinelle e cicale intere.
E tutto buttarono nell’abbondante salsa tirata. E fecero foco lento perché cuocesse e saporisse bene. E poi affettarono molto pane e l’arrostirono e lo strusciarono coll’aglio. E lo messero in un catino. E ci versarono sopra quella broda col pesce.
E dopo una preghiera al Signore mangiarono quella zuppa che trovarono sana e forte com’erano loro. Allora dissero: “ come dall’insieme di questi rozzi pesci è sortito un buon piatto, così da noi verrà la bella cosa voluta dal Cielo. Perché sulla terra del nostro Villaggio cogli anni crescerà una gran “ pianta “. Sia questo il nostro “ Piatto della ricordanza “. E lo mangino i nostri figli e’ figli de’nostri figli. E così fino alla consumazione de’ secoli. E ‘ Labronici si strinsero la destra giurando fedeltà. E chiamarono quella vivanda piccante Cacciucco.
Le Torri
Da “La Cucina Toscana” di Giovanni Righi Parenti
Anche se la storia è ben trovata dobbiamo ricordare come non sia possibile che il «cacciucco» col pomodoro ed il peperoncino sia stato inventato ai tempi del Villaggio Labrone, che tra l’altro ancor oggi non sappiamo con precisione dove realmente fosse sito, perché il «pomodoro» arrivò dall’America Meridionale (Perù) in Europa solo nel XVI secolo. Tuttavia possiamo notare come a Livorno, nel soffritto, si usa oltre l’aglio anche la salvia e… molto zenzero.
Bisogna qui fare una precisazione: lo zenzero vero è lo «zingiber officinalis», pianta monocotiledone, originaria da1l’Asia tropicale, di cui i rizomi sono piccanti. La pianta venne conosciuta nel IV secolo a.C. per le spedizioni di Alessandro Magno. Introdotta nel mondo romano fu descritta da Aulo Cornelio Celso (l’lppocrate latino), lodata da Apicio (il più celebre gastronomo de1l’antichità, che si uccise per paura di morire di fame essendogli rimasti solo 10 milioni di sesterzi), e da Plinio ne1la sua Historia naturalis sin dal I secolo d.C. Lo zenzero, che veniva coltivato anche presso di noi, fu impiegato per rendere più piccanti i cibi sino a quando non si conobbe l’economico peperoncino rosso, non avendo il pepe potuto sostituirlo causa il suo alto prezzo. A Livorno ed in Toscana in genere per zenzero s’intende il peperoncino rosso, che si chiama anche «zenzerino». Lo zenzero vero viene ancora molto impiegato ne1la cucina anglosassone.
L’invenzione del «cacciucco» a Livorno si dà quasi per certa ai «torrigiani» che non erano altro se non i guardiani delle «torri» di segnalazione, come possiamo rilevare dagli «Statuti di Pisa», a proposito della «Torre armata» di Bocca d’Arno che non era altro che un faro Leggiamo, come ci segnala il Targioni Tozzetti dalle «cartapecore degli Archivi di San Niccolò», che il 12 di marzo i Consoli del Mare di Pisa dettero in custodia a Frate Galgano, priore
d’Acquaviva, la Torre e lanterna posta in mare vicino a Porto Pisano, «acciò la
custodisca» e gli danno per mantenimento «staia 6 (sei) d’olio per tre mesi, soldi 34 per i lucignoli, soldi 18 per il trasporto dell’ olio, soldi 6 per libbre una
e mezza di candelette, soldi 5 per le spugne e lire 15 per il suo salario».
Troviamo negli statuti che il «torrigiano» poteva usare l’olio per suo uso personale ma non per «fare frittura».
Nelle Torri a mare l’unico passatempo era la pesca e… pesce senza olio si lega male: bastava però non friggerlo tanto da salvare la faccia ed ubbidire alla legge… nacque il soffritto d’erbe: l’aglio, la cipolla e la salvia erano quelle più usate, l’acqua di mare servì per il sale ed un bicchiere di vino per dare un po’ di sapore. Quando c’era poco pesce si pensò d’ allungarlo con qualche fetta di pane e nacque la «zuppa». Ai «torrigiani», poteva mancare tutto ma non l’assortimento di pesce.
Verso la fine del 1500 arrivarono le due solanacee chiave della cucina mediterranea: il pomodoro ed il peperone. Livorno era uno scalo importante per tutte le navi di ogni provenienza ed i livornesi furono tra i primi ad avere i semi di queste nuove piante che subito, anche per la facilità di coltivarle, impiegarono largamente nell’ uso comune.
Il «cacciucco» si era così completato di tutti gli ingredienti.
Un’altra leggenda sull’origine del «cacciucco» livornese ce la riporta Jarro (Giulio Piccini).
Un pescatore livornese era morto nel mare in tempesta lasciando la vedova e i figli nella più nera miseria. Quando la fame divenne insostenibile i bambini andarono a cercare un boccone presso i pescatori colleghi del babbo e costoro, che non vivevano nella ricchezza, cercarono d’ aiutarli dando loro ciascuno un po’pesce. Tutto quell’ assortimento fu dalla mamma fatto cuocere nell’unica pentola che possedevano insieme alle erbe dell’orto casalingo… L’odore della zuppa si fece sentire nelle case dei vicini e fu tanto appetitoso da fare sì che la gente venisse alla modesta abitazione della vedova… per curiosare ed assaggiare questo piatto, che almeno al profumo… prometteva bene.
Jarro, nel 1915, nel suo Almanacco Gastronomico scriveva che «il “cacciucco”, per taluni, aveva provenienza dall’ Asia e che anche gli eroi omerici Ulisse Achille e Agamennone, avessero mangiato una specie di “cacciucco” sotto le loro tende. I Foci, che abitavano nell’ Asia minore, portarono una “zuppa” di pesce particolare in Grecia prima e poi nella loro colonia “Massilia” (l’ odiema Marsiglia) dove cossero il primo “cacciucco”, nella incantata regione, avendo, due grosse pietre per fornello». I pescatori provenzali divennero esperti nella preparazione di questo piatto.
Anche il raffinato Petronio sembra che ne recasse la ricetta a Nerone e Cesare era un «patito» di questo cibo.
Questo per quanto riguarda, almeno a mio avviso, la «zuppa» di pesce diffusissima su ogni costa, famosa quella «mediterranea» per le erbe profumate che trovano sui nostri lidi. Rimane difatti impossibile pensare ad un «cacciucco come si conosce oggi senza pomodoro e privo di peperoncino. Come già detto pomodoro (solanum lycopersicum), ed il peperoncino (capsicum annuum piante originarie dell’ America centrale, raggiunsero l’Europa solo nel Rinascimento. Gli unici odori da sempre conosciuti erano della famiglia delle labiat accanto all’ «origano», il «timo», la nepitella, la salvia ed il rosmarino. Delle agliacee: la cipolla e l’aglio che veniva usato anche come medicinali. Pure il pepe nelle varietà piper nigrum e piper aromaticum, piante d’origine asiatica, incominciò, a caro prezzo, a venire importato verso il 1000 ed usato negli anni a seguire anche in cucina; ad esempio la “salsa poverada” prendeva il nome di «salsa garofanata» quando veniva aromatizzata con qualche «chiodo» dell’ancor più raro «garofano»).
Il «cacciucco» nacque piatto povero. Si impiegano i pesci meno pregiati, ci vuole poco olio e gli odori comuni: aglio, cipolla, salvia, peperoncino e poi i pomodori (vedi l’etimo: «minutaglia»). I marinai ed i pescatori hanno sempre usato il pesce di minor pregio: quello la cui vendita risultava meno remunerativa. In quanto alle varietà di pesce, che nei libri vengono indicate in almeno una dozzina, hanno una importanza relativa: basta che ci siano i polpi o le seppie, lo scorfano o il pesce cappone, qualche crostaceo, non importa se aragosta o canocchia .
rev. 20 Luglio 2006 www.lenostrericette.it
rev. aggiornato link 18 Novembre 2016
Cacciucco alla Livornese
Ingredienti 4 – 6 porzioni
Preparazione Per la preparazione esistono almeno due procedimenti: uno più rapido e uno più elaborato. In una grande casseruola soffriggere l’aglio e il peperoncino con due cucchiai di concentrato; successivamente mettere a rosolare a fuoco vivo dapprima i polpi, ben battuti, e dopo una decina di minuti anche le seppie. In genere si usano polpi e seppie piccoli, da servire uno a porzione. Se si utilizzano polpi e seppie grandi allora tagliarli a pezzi. Dopo qualche minuto innaffiare con il vino rosso, lasciar sfumare appena e poi aggiungere i pomodori. Si abbassa il fuoco e si copre parzialmente inserendo un mestolo a contrasto per non far chiudere il coperchio. Dopo circa 15 minuti cominciare ad aggiungere il pesce partendo da quello meno tenero e piccolo. Murena, tracina, palombo, scorfano, gallinella… E’ consigliabile scottare i frutti di mare in un recipiente a parte per farli aprire (in special modo le vongole) ed evitare quelli che contengono tracce di sabbia. Si aggiungeranno alla fine insieme ad eventuali cicale, che non devono cuocere molto: bastano cinque minuti ed ad una bella dose di trito di prezzemolo. Il cacciucco si serve mettendo due fette di pane abbrustolito e agliato nella scodella, aggiungendo i polpetti, le seppie, i vari pezzi di pesce o pescetti interi ecc. e uno o due ramaioli di sugo che andrà ad inzuppare il pane. Altre fette di pane vanno servite a parte. Il procedimento più elaborato (preferito soprattutto dai commensali che non incontreranno lische…) prevede la cottura dei pesci a parte. Togliere le polpe dai pesci, metterle da parte perché andranno aggiunte al cacciucco quasi a fine cottura. Passare le lische e le teste con il passaverdura e unirle al brodo. Filtrare il tutto con un colino fine o un cinese. Tale brodo servirà per ispessire il sugo. In una grande casseruola soffriggere l’aglio e il peperoncino con due cucchiai di concentrato; successivamente mettere a rosolare a fuoco vivo dapprima i polpi, ben battuti, e dopo una decina di minuti anche le seppie. In genere si usano polpi e seppie piccoli, da servire uno a porzione. Se si utilizzano polpi e seppie grandi allora tagliarli a pezzi. Dopo qualche minuto innaffiare con il vino rosso, lasciar sfumare appena e poi aggiungere i pomodori. Si abbassa il fuoco e si copre parzialmente inserendo un mestolo a contrasto per non far chiudere il coperchio. Dopo circa 15 minuti aggiungere il brodo del pesce preparato in precedenza. E’ consigliabile scottare i frutti di mare in un recipiente a parte per farli aprire (in special modo le vongole) ed evitare quelli che contengono tracce di sabbia. Si aggiungeranno alla fine insieme ad eventuali cicale che non devono cuocere molto bastano cinque minuti ed ad una bella dose di prezzemolo tritato
Spunti & trucchi Per il soffritto ci sono diverse scuole che prevedono tra l’altro anche cipolla e salvia e vino bianco al posto del rosso. Alcuni utilizzano gamberoni , o mazzancolle al posto delle cicale. Per saperne di più-> |
Zerri sotto r’ Pesto
Ingredienti per una vaschetta
Preparazione E’ consigliabile usare zerri di piccole dimensioni, con lische tenere. Se sono piccoli non devono essere puliti; in caso contrario pulire lasciando la testa. Marinata.
Spunti & trucchi |